Il calcolo del valore dei beni dell’eredità va fatto alla divisione

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Cassazione: il calcolo del valore dei beni ereditari ai fini della divisione deve tener conto della stima alla data della divisione e non dell’apertura della successione

Con la sentenza n. 31125 del 08/11/2023 La Corte di Cassazione ha ribadito il principio che ove debba procedersi alla divisione dell’eredità, il calcolo del valore dei dei beni in vista delle operazioni divisionali deve essere essere effettuata al momento stesso della divisione. Al contrario, la quota di eredità spettante va determinata calcolando i valori al momento dell’apertura della successione.

Già in passato la Corte aveva sancito l’importante differenza tra il momento di apertura della successione e il momento di divisione dei beni. Infatti, secondo quanto affermato nella sentenza n. 2975/1991, ai fini della determinazione della quota di legittima e della quota disponibile, deve aversi riguardo esclusivamente al valore dell’asse ereditario al tempo dell’apertura della successione.

Al contrario, se si deve effettuare il calcolo del valore dei beni per la formazione delle quote dell’eredità, la norma di riferimento è l’art. 726 cod.civ., e la valutazione deve farsi con riferimento allo stato dei beni e al loro valore venale al tempo della divisione. Questo anche quando si provveda alla reintegrazione della legittima (conf. Cass. n. 739/1977).

Deve pertanto ritenersi pacifico l’orientamento secondo cui, nel procedimento per la reintegrazione della quota di eredità riservata al legittimario, il momento di apertura della successione rileva per calcolare il valore dell’asse ereditario (mediante la cd. riunione fittizia), stabilire l’esistenza e l’entità della lesione della legittima, nonché determinare il valore dell’integrazione spettante al legittimario leso, sicché quest’ultima, ove avvenga mediante conguagli in denaro nonostante l’esistenza, nell’asse, di beni in natura, va adeguata, mediante rivalutazione monetaria, al mutato valore del bene – riferito al momento dell’ultimazione giudiziaria delle operazioni divisionali – cui il legittimario avrebbe diritto affinché ne costituisca l’esatto equivalente (Cass. n. 5320/2016; Cass. n. 7478/2000).

Il principio espresso dalla Cassazione

La Corte ha pertanto espresso il seguente principio di diritto in merito al calcolo del valore dei beni dell’eredità: «In caso di pretermissione del legittimario per effetto di istituzione di erede a titolo universale, a seguito dell’esperimento vittorioso dell’azione di riduzione sui beni relitti ovvero recuperati per effetto sempre dell’azione di riduzione, viene a determinarsi una situazione di comunione tra l‘erede istituito ed il legittimario nella quale la quota del primo è corrispondente al valore della quota di legittima non soddisfatta determinata in proporzione al valore dell’intera massa, il tutto secondo la stima compiuta alla data di apertura della successione; tuttavia ove debba procedersi alla divisione della comunione così insorta, la stima dei beni in vista delle operazioni divisionali deve essere aggiornata alla luce del mutato valore dei beni tra la data di apertura della successione e quella di effettivo scioglimento della comunione».

Validità delle disposizioni con cui si esclude un erede

La Corte rammenta inoltre che le disposizioni testamentarie lesive della legittima non sono nulle né annullabili. Infatti, sino a quando esse non vengano impugnate con l’azione di riduzione, conservano la loro piena efficacia.

Di conseguenza, ove il de cuius abbia distribuito tutto il suo patrimonio escludendo alcuni legittimari, questi non partecipano alla comunione per il semplice fatto che si è aperta la successione testamentaria. Il loro diritto sui beni ereditari può realizzarsi soltanto mediante l’esperimento dell’azione di riduzione.

Il legittimario, pertanto, non può chiedere la divisione dei beni lasciati dal de cuius, senza aver prima esercitato l’azione di riduzione delle disposizioni testamentarie. Inoltre, e per ragioni di economia processuale, è consentito che le azioni di riduzione e di divisione siano proposte cumulativamente nello stesso processo. In questo caso l’azione di divisione va subordinata all’accoglimento della prima che ha carattere pregiudiziale (Cass. n. 1206/1962; Cass. n. 1077/1964; Cass. n. 160/1970; Cass. n. 2367/1970).

L’erede escluso dal testamento torna ad essere erede con l’azione di riduzione

Sebbene il legittimario pretermesso non sia erede al momento dell’apertura della successione, lo diviene per effetto dell’esercizio vittorioso dell’azione di riduzione. A seguito di tale azione potrà concorrere alla comunione dei beni relitti, secondo una quota corrispondente al valore della quota di riserva non soddisfatta.

Se i beni relitti, assegnati per testamento in maniera universale ad altri soggetti, sono di entità superiore alla quota di riserva, sugli stessi si instaura una comunione secondo le quote da determinare in base alla legge.

Una volta acquisita la qualità di erede, o meglio di coerede, per effetto dell’esercizio dell’azione di riduzione, tale qualità reca con sé anche la necessità di poter avvantaggiarsi degli eventuali incrementi di valore dei beni in relazione ai quali è stata riconosciuta la contitolarità, in vista del soddisfacimento della quota di riserva.

Allo stesso modo, ed è caso non infrequente, l’erede precedentemente escluso potrà subire le conseguenze del deprezzamento dei beni stessi.

Cassazione Sentenza n. 31125 del 08/11/2023

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