Differente onere della prova tra donazione dissimulata e donazione indiretta

La Cassazione chiarisce le differenze che sussistono nell’onere della prova per il caso di donazione simulata e indiretta

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La questione di cui si occupa la Corte di Cassazione con la sentenza in esame attiene alla possibilità di estendere i limiti all’onere della prova per la simulazione anche alla donazione indiretta.

La Cassazione ha da tempo affermato il principio che dall’esercizio dell’azione di simulazione da parte dell’erede per l’accertamento di dissimulate donazioni non deriva necessariamente che egli sia terzo.

Questo perché, se l’erede agisce per lo scioglimento della comunione, previa collazione delle donazioni – anche dissimulate – per ricostituire il patrimonio ereditario e ristabilire l’uguaglianza tra coeredi, subentra nella posizione del de cuius.

In tal modo trae un vantaggio dalla stessa qualità di coerede rispetto alla quale non può avvantaggiarsi delle condizioni previste dall’art. 1415 c.c. che gli garantiscono di poter provare la simulazione con ogni mezzo.

È invece terzo se agisce in riduzione per pretesa lesione di legittima, perché la riserva è un suo diritto personale. In tal caso potrà provare la simulazione con ogni mezzo (cfr. ex multis Cass. n. 41132 del 21/12/2021).

Il ragionamento sinora esposto, circa il differente trattamento dell’erede e del legittimario sul piano delle agevolazioni probatorie, onde rimuovere il limite che l’art. 1417 c.c. pone alle parti del negozio dissimulato, opera solo ove ad essere oggetto della materia del contendere sia una donazione dissimulata.

Ma cosa accade nel caso in cui si assuma che il coerede sia stato beneficiario di una donazione indiretta?

Definizione di donazione indiretta

La donazione indiretta si identifica col negozio che, pur non avendo la forma della donazione, è mosso da liberalità e ha l’effetto di arricchire gratuitamente il beneficiario.

Così è ad esempio nel caso di intestazione del bene a nome altrui che costituisce appunto una delle ipotesi di donazione indiretta. Pertanto, nell’ipotesi di acquisto di un immobile con danaro proprio del disponente ed intestazione ad altro soggetto, la compravendita costituisce strumento formale per il trasferimento del bene ed il corrispondente arricchimento del patrimonio del destinatario.

Di conseguenza – anche ai fini della collazione – siamo di fronte ad una donazione indiretta del bene stesso e non del danaro (cfr. Cass. n. 13619/2017).

Ancorché nella donazione indiretta, ai fini della stima della donazione debba guardarsi all’oggetto dell’acquisto, analogamente a quanto avviene per l’ipotesi della donazione simulata (che però resta una donazione immobiliare a tutti gli effetti), l’utilizzo di un meccanismo negoziale che assicura al donatario l’acquisto di un bene a titolo gratuito, senza che però tale bene sia mai appartenuto al donante, giustifica anche la conclusione per cui, ai fini della reintegrazione della quota di riserva ovvero della collazione, poiché non risulta messa in discussione la titolarità del bene, il valore dell’investimento finanziato con la donazione indiretta dev’essere ottenuto dal legittimario leso con le modalità tipiche del diritto di credito, con esclusione di ogni possibilità di recupero in natura del bene, in caso di riduzione, ovvero di collazione in natura, ove l’accertamento sia funzionale a tale scopo.

Differenze nell’onere della prova tra donazione simulata e indiretta

La donazione indiretta resta però un contratto con causa onerosa, posto in essere per raggiungere una finalità ulteriore e diversa consistente nell’arricchimento, per mero spirito di liberalità, del contraente che riceve la prestazione di maggior valore e differisce dal negozio simulato in cui il contratto apparente non corrisponde alla volontà delle parti, che intendono, invece, stipulare un contratto gratuito.

Ne consegue che alla donazione indiretta non si applicano i limiti alla prova testimoniale – in materia di contratti e simulazione – che valgono, invece, per il negozio tipico utilizzato allo scopo.

Pertanto, la distinzione tra la donazione simulata e donazione indiretta non consente di estendere a quest’ultima le limitazioni probatorie dettate dall’art. 1417 c.c. In tal modo, la prova dell’effettiva natura liberale (in tutto o in parte), della fattispecie negoziale oggetto della domanda può essere data anche a mezzo presunzioni, pur nel caso in cui non si alleghi a fondamento della pretesa la qualità di legittimario (Cass. n. 19400/2019 che ha confermato la sentenza gravata che aveva ritenuto l’esistenza di donazioni indirette sulla base di prove presuntive; Cass. n. 6904/2022, Cass. n. 7872/2021, Cass. n. 1986/2016).

Cass. Civile Ord. n. 19230 del 12/07/2024

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